Si è concluso il 6° Torneo Calcetto a 5 “Ottorino e Gabriele”, che si è tenuto a Romagnano (Grezzana – VR) dal 22 maggio al 17 giugno 2017.
Qualche numero
Dieci le squadre coinvolte in dodici giornate di gioco, oltre cento i giocatori in campo. Ad uscirne vincitori sono stati i ragazzi della squadra “Niente“, che hanno battuto 4-3 in finale i “Consigli spensierati”. La finalina per il terzo posto è andata agli “Apicoltura”, che hanno regolato con un secco 3-0 i “Target salute”. Capocannoniere del torneo è stato Manuel Masenelli, dei “Niente”, con 9 reti. Nico Campesato è stato eletto miglior portiere.
Praticare sport è indispensabile per il benessere fisico, ma per un equilibrio complessivo della persona non bisogna sottovalutare l’aspetto psicologico. Abbiamo quindi incontrato la dott.ssa Francesca Silvestri, psicologa, che può darci qualche consiglio.
Dott.ssa Silvestri, qual è stato il suo percorso di formazione?
Mi sono laureata all’Università di Padova in psicologia clinico-dinamica e, dopo il tirocinio, ho superato l’esame di stato, iscrivendomi così all’Albo dell’Ordine degli Psicologi del Veneto (n. 9374). Ho frequentato la Scuola di Specializzazione S.P.P.I.E. “H. Bernheim” (Scuola di Psicoterapia Psicosintetica ed Ipnosi Ericksoniana). La Scuola presenta un approccio integrato, che si basa su tre orientamenti teorici. Il primo è la psicologia analitica junghiana, che dà ampio spazio all’analisi del profondo, l’interpretazione dei sogni, l’utilizzo dei miti e dei simboli. Il secondo è la psicosintesi, che si sviluppa secondo tre principi enunciati da Roberto Assaggioli: conosci te stesso, possiedi te stesso, trasforma te stesso. Infine l’uso dell’ipnosi ericksoniana, uno stato modificato di coscienza che permette di esplorare il mondo interno per scoprire emozioni e potenzialità nascoste. È un tipo di psicologia che scava in profondità, a partire dalla relazione.
Quali sono state le sue esperienze professionali e quali progetti sta portando avanti?
Ho fatto diversi tirocini e sono stata responsabile dei progetti educativi per una cooperativa del territorio in collaborazione con il comune di Sona. Da quest’anno ho voluto investire nella mia professione, praticando la mia attività in autonomia. Oltre alla psicoterapia individuale, mi occupo di alcuni progetti con altre colleghe. Abbiamo avviato percorsi di formazione per genitori e di accompagnamento alla nascita e alla genitorialità. Credo poi molto nel “Progetto Pangea”, promosso con alcune colleghe, che ha l’obiettivo di sensibilizzare le persone e soprattutto i medici di base sui temi dell’aiuto psicologico. Spesso le persone riferiscono i propri problemi a loro, magari cercando la “pastiglia” per stare meglio, non sapendo a chi altro rivolgersi.
Chi sono le persone che si rivolgono a lei?
Soprattutto adulti, in quanto facciamo un lavoro in profondità con uno scambio il più dinamico possibile. Si possono rivolgere a me persone che hanno problemi di depressione, attacchi di panico, disturbi dell’umore, conflitti a livello relazionale, lutti: momenti che portano a una situazione di blocco e di crisi, che vengono poi rivalutati in modo positivo, con l’occasione di riflettere su di sé. Disturbi che presentano maggior gravità devono essere seguiti da uno psichiatra o da strutture adeguate.
Non sempre è facile chiedere un aiuto psicologico…
Spesso ci sono reticenze verso la figura dello psicologo, magari non è nemmeno chiaro il suo ruolo. Le frasi che si sentono più spesso sono: “Ce la faccio da solo” oppure “Non sono mica matto!”. Ma la psicoterapia ha l’obiettivo di offrire uno spazio di ascolto in cui potersi esprimere liberamente e senza giudizio, una guida esperta nel precorso di vita, individuando con il paziente dei punti fermi e delle risorse interne in situazioni di difficoltà. È una via per crescere ed evolvere, leggendo le situazioni in una nuova luce.
Che suggerimenti darebbe a una persona che vuole risolvere un problema?
Fondamentale parlarne con qualcuno. Per qualsiasi difficoltà, il primo passo è chiedere aiuto. Non bisogna vergognarsi di una propria debolezza, ma cercare di portarla all’esterno. Spesso si pensa di “essere forti abbastanza”, ma la vera forza è anche chiedere una mano nel momento giusto, individuando l’esperto che può garantire un aiuto qualificato.
Cosa significa “psicoterapia”? È un percorso lungo?
Non necessariamente. Non è detto che tutti debbano intraprendere un percorso di psicoterapia. Potrebbe essere sufficiente una consulenza su un tema particolare. Certo, se si vuole intraprendere un percorso di trasformazione profonda del proprio modo di affrontare il mondo, allora è necessario più tempo. I cambiamenti non sono mai immediati. Spesso si tende a volere “tutto subito”, mentre sarebbe importante fermarsi ogni tanto a guardarsi dentro. Nel mondo di oggi diminuisce sempre più lo spazio per il dialogo, per il confronto, per la riflessione. Conoscere meglio sé stessi aiuta anche a vivere meglio le proprie relazioni. Trovando tempo di qualità per stare in relazione, si modifica l’idea di sé in rapporto al mondo.
Quindi una persona in cerca di un aiuto, cosa deve fare?
È sufficiente una telefonata per un primo contatto e cercare di individuare il problema. Si fissa un primo colloquio, che servirà a conoscersi e a definire insieme una specie di “contratto”: quali sono le richieste, su cosa si vuole lavorare, con quali obiettivi. Questa prima fase può durare anche due o tre incontri. La persona, in questo modo, può capire se questo percorso è adatto a lei oppure no. Quando si comincia, in genere non è facile prevedere un termine specifico, in quanto – come dicevamo prima – per un cambiamento profondo può essere necessario del tempo, oltre all’impegno in prima persona.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Mi piacerebbe attivare dei percorsi di gruppo su varie tematiche, insieme ad altri professionisti. È sempre utile una fonte di confronto e conoscere modalità diverse di affrontare i problemi. Il mio sogno però rimane quello di uno studio di psicoterapia ben avviato. È bello vedere il cambiamento delle persone e il beneficio della trasformazioneche riescono a realizzare!
L’attività sportiva è importante per tutti e la salute fisica è un valore da difendere, anche con la prevenzione. Per questo motivo è fondamentale sottoporsi a controlli medici periodici. Abbiamo incontrato il dott. Stefano Angeli, medico dello sport e cardiologo, nel suo studio di Via Emilio Salgari, 1 in zona Porta Vescovo a Verona.
Dott. Stefano Angeli, qual è stato il suo percorso di formazione e professionale?
Mi sono laureato in medicina all’università di Verona nel 1980, con la specializzazione in cardiologia nel 1984. Nel 1988 mi sono specializzato in medicina dello sport all’università di Trieste. Da qualche anno sono il medico della Virtus di Borgo Venezia, società calcistica che gioca fra serie D e C2. Lo studio ha l’autorizzazione regionale “B102” per esercitare ufficialmente e rilasciare certificati medici per lo sport.
Cos’è una visita medica per lo sport? Quali sono gli obiettivi?
Sono visite finalizzate a garantire la salute degli atleti, in particolare di quelli “senior”. Nel nostro studio diamo grande attenzione all’aspetto cardiologico. Spesso infatti, a fronte della voglia di giocare e della passione per lo sport, ci si dimentica di rispettare le reali condizioni del proprio corpo. Oltre al protocollo di legge che prevede il test da sforzo e la spirometria, noi effettuiamo su ogni atleta – fuori dal protocollo – un elettrocardiogramma completo. Questo esame è importante perché, con l’età, aumenta in modo esponenziale il rischio di problemi cardiaci. Purtroppo ci capita di dover fermare alcuni atleti, che – usciti dallo studio – vengono indirizzati a un’operazione. Succede almeno due-tre volte l’anno. Il mio compito, infatti, non è solo quello di avviare allo sport, ma soprattutto di prevenire danni cardiaci che potrebbero essere enormi.
Come si svolge la visita?
Si comincia con un’anamnesi, ovvero un colloquio preliminare volto a conoscere lo stato di salute generale dell’atleta, il suo stile di vita ed eventuali malattie genetiche o altre patologie già note. La visita prosegue in modo diverso sotto e sopra i 35 anni. La visita medico-sportiva agonistica sotto i 35 anni prevede un protocollo più abbreviato. Si sottopone l’atleta a un test alla bicicletta ergometrica (una particolare cyclette) con sforzo costante per 3 minuti. Gli over 35 vengono invece monitorati con gli elettrodi e i carichi crescono ogni due minuti fino al raggiungimento della frequenza cardiaca massimale, che si individua sottraendo a 220 l’età dell’atleta. Quindi, facendo l’esempio di un atleta di 60 anni, a 160 battiti per minuto fermiamo la prova e controlliamo il report dell’elettrocardiogramma. Per nostra scelta gli atleti vengono sempre sottoposti a elettrocardiogramma, fuori dal protocollo standard, senza costi aggiuntivi. Se tutto rientra nei limiti, dopo esame oculistico, quello delle urine e spirometria, rilasciamo un certificato per l’attività agonistica. I test dovranno essere ripetuti dopo 1 anno per la maggior parte degli sport, dopo 2 anni per alcuni sport a minor impegno aerobico (come il golf e la pesca).
E per quanto riguarda l’attività sportiva non agonistica?
Ci sono anche certificati per l’attività sportiva non agonistica, finalizzati ad attività non competitiva o generica in palestra. In questo caso sono previsti anamnesi, elettrocardiogramma e visita cardiologica, per ogni età, ai sensi della legge Balduzzi-Lorenzin del 2014.
La vostra specialità, quindi, è l’accuratezza delle analisi dal punto di vista cardiologico. Ci sono altri test che potete offrire agli atleti?
Su richiesta, possiamo fare analisi cardiologiche di secondo livello, come Holter pressorio e Holter cardiaco. Con queste indagini si possono individuare eventuali aritmie, misurando il battito cardiaco nelle 24 ore. Applichiamo un apparecchio e il paziente torna il giorno dopo per l’analisi dei risultati. Per gli atleti con lesioni muscolari, facciamo analisi con il nostro ecodoppler multidisciplinare. In questo modo possiamo distinguere fra stiramento, distrazione o strappo, per esempio. Un fisioterapista, il dott. Pietro Zanella, è disponibile per consulenze specifiche sul recupero dopo un infortunio. Seguiamo anche eventuali richieste per le misurazioni della soglia aerobica e anaerobica, ovvero per individuare il limite massimo fino a cui l’atleta (ad esempio un maratoneta) può spingere senza andare in debito di ossigeno, evitando la famosa “carne grea”.
Quali sono i segnali da non sottovalutare per riconoscere patologie cardio-vascolari?
Dolori retro sternali (dietro allo sterno) durante sforzo, aumento esagerato di battito cardiaco (oltre 130), magari anche per piccoli sforzi. Comparsa di dispnea (mancanza di respiro) anche per sforzi lievi. Questi sono fattori che fanno sospettare patologie cardio-vascolari.
Quali consigli darebbe per una migliore vita sportiva?
Il fumo è un killer per tutti, ma lo è specialmente per l’atleta, come anche l’obesità. È importantissimo evitare abusi di qualsiasi tipo e avere una corretta alimentazione. Qualsiasi malattia particolare, come il diabete, deve essere tenuta sotto controllo con esami specifici. L’attività sportiva è sana e aiuta a vivere, l’agonismo deve essere valutato dall’atleta e dal medico, perché può essere un’arma pericolosa. L’uso smodato di integratori, magari comprati in autonomia attraverso internet, è una moda che rischia di causare gravi danni.
Che tempi ci sono per prenotare una visita?
L’autunno è il periodo più congestionato, mentre in estate abbiamo più disponibilità. In media, comunque, circa 7 giorni. Teniamo lo studio aperto anche fino alle 20 per agevolare chi lavora. Lo studio è aperto dal lunedì al venerdì e il sabato mattina su richiesta.
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